mercoledì 16 gennaio 2013

ILVA: per Clini finisce il gioco del silenzio. L'azienda non riparte, gli stipendi di febbraio sul filo del rasoio

Il coils dello scandalo, un milardo di euro sotto sequestro. Immagine Corgiorno.

"C'è da star svegli ..."




Clini ha abbandonato il silenzio e si è lanciato in affermazioni apodittiche, senza alcun appiglio formale nè sostanziale. Alla maniera che abbiamo imparato a conoscere nel tempo. 

Ecco che leggiamo su Manduria Oggi:

Prendo atto della decisione del Tribunale dell’Appello di Taranto in merito alla richiesta della Procura della Repubblica sull’eccezione di costituzionalità della legge 231/2012. La legge ha integralmente recepito le prescrizioni stabilite dalla Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), rilasciata all’ ILVA il 26 ottobre 2012, che impongono - in anticipo rispetto alle scadenze europee - l’impiego delle migliori tecniche disponibili per la produzione di ferro e acciaio, ai fini della tutela della salute e della protezione ambientale. Per dare attuazione all’AIA è necessaria la continuità produttiva dello stabilimento.
Per questo motivo la legge stabilisce ‘la prosecuzione dell'attività produttiva anche quando l'autorità giudiziaria abbia adottato provvedimenti di sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento’.
Inoltre, agli stessi fini, è stato rimosso, direttamente e con effetto immediato, il vincolo del sequestro degli impianti e dei prodotti, disponendo che ILVA “è immessa nel possesso dei beni dell’impresa ed è in ogni caso autorizzata alla commercializzazione dei prodotti, ivi compresi quelli realizzati antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge
La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 4 gennaio 2013. E’ un provvedimento urgente. Ad oggi l’impresa non ha la disponibilità dei prodotti diversamente da quanto previsto dalla legge, e questa situazione può compromettere il rispetto delle prescrizioni e dei tempi stabiliti dall’AIA per la protezione della salute e dell’ambiente. Desidero sottolineare che, in attesa che la Consulta si esprima, la legge deve comunque essere applicata.

Ben più importante di questo imperativo fine a sè stesso - che istilla l'ennesimo dubbio sul perchè e percome un ministro dell'ambiente possa esprimersi in tal modo, quasi non fosse conscio affatto dei problemi sistemici che il decreto, poi legge, comporta - il commento del direttore del personale dell'ILVA. Esso, confermando quanto disse in passato il presidente Ferrante, da noi appositamente ricordato nel post immediatamente precedente, suona così:


Alla fine, i lavoratori si sono spostati con i sindacalisti nella sala del consiglio di fabbrica e qui hanno incontrato l'azienda rappresentata dal direttore del personale, Enrico Martino.
I sindacati hanno chiesto tre cose: ripartenza degli impianti dell'area a freddo, rotazione nell'uso della cassa integrazione, certezza che ci sarà la cassa in deroga perché i sindacati sono preoccupati per una sorta di limbo che si è venuto a creare per una fascia di operai. L'Ilva, invece, ha subito rilanciato la drammaticità della situazione: «Nessun impianto dell'area a freddo ripartirà se prima non si sbloccheranno i prodotti sequestrati. Abbiamo necessità immediata di vendere e fatturare, altrimenti anche i prossimi stipendi sono a rischio». E su coils e lamiere sequestrati, l'Ilva ha detto che il blocco prolungato sta deteriorando soprattutto quel materiale stoccato all'aperto e che adesso o dovrà essere rilavorato, oppure venduto ad un prezzo inferiore.  (Dal sole24ore)
Sul punto i sindacati hanno, come leggete, espresso opposta aspettativa, che si riparta a produrre nonostante tutto. 
Le reazioni di tutti sono sempre più scomposte e sempre più lontane dalla realtà delle cose.

Ripeto, c'è da star svegli ... 

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