martedì 31 luglio 2012

Dopo Berlino, cadrà anche il muro di Taranto?? Dati, indiscrezioni e previsioni sull'ILVA


Agenti cercano ombra nel maltenuto centro di Taranto
Le sorti dell'acciaieria, oggetto di dibattito nazionale e locale, sono soggette ad un'infinità di variabili.
Postazione Sky sul lungomare cittadino, in attesa degli eventi
Dal punto di vista privilegiato di cui Corporeus corpora dispone possiamo provare a fare un punto della situazione, riportando opinioni e pareri confidenziali di cittadini, dipendenti, esperti ed esponenti istituzionali. Vi mostriamo subito alcune immagini che documentano randomicamente le condizioni della città di Taranto, già duramente provata in ogni suo comparto, che trattiene il respiro in attesa del giudizio del tribunale del riesame, previsto per il 3 di Agosto. 
Il comune di Taranto, da anni in dissesto a causa di scellerate scelte amministrative ultradecennali, vive essenzialmente di monocultura dell'acciaio.  Oltre all'ILVA le realtà di maggior peso restano L'ENI, con la sua raffineria iperinquinante, la Cementir, la Marina militare con innumerevoli basi in ogni dove, l'arsenale ormai in decozione, dopo decenni di malcostume assistenzialista che ha depauperato competenze secolari. Il porto commerciale, che sinora non ha mai decollato ma oggetto attuale di nuovi e vasti investimenti statali. Il call center "Teleperformance", oggetto e soggetto di infiniti tormentoni giuslavoristici. 
Infine le ditte di costruzioni, che hanno costellato la città di palazzine popolari e non, a fronte di un invenduto ed inlocato che fa rabbrividire. 
Tutte insieme non raggiungono nemmeno la metà della forza lavoro impiegata nell'ILVA (che ai tempi dell'Italsider era molto più consistente, persino) e nel suo indotto.
Mappa Sin delle zone a grande rischio ambientale
La questione, giunta nelle mani della magistratura, questa volta corredata da documenti scientifici che attestano quello che in città chiunque sa, per averlo vissuto sulla pelle, ovvero che i numerosissimi casi di malattie respiratorie e neoplasiche trovano una concausa importantissima nell'inquinamento industriale (SIN-Sentieri - chi volesse l'intero documento scrivesse a corporeuscorpora@gmail.com), ha preso una china che non consente soluzioni di comodo. Diossina, benzo(a)pirene, polveri sottili sono state riscontrate e documentate quali pericolosissime per la salute umana. Riscontrate ormai nel pieno del ciclo alimentare locale.
Il tribunale del riesame non potrà cancellare con la spugna queste risultanze. Nè si potrà impedire un rinvio a giudizio, almeno per il cospicuo pregresso. Nè irrilevanti possono essere le indagini della guardia di finanza che hanno riscontrato meccanismi di corruttela generati, sembrerebbe, in seno alla stessa azienda.
Il garantismo è l'essenza del diritto...ma pensare che su queste basi non si giunga a dibattimento è pura follia. O desiderio di sovversione dell'intero ordine costituzionale.
Ritenere che una minaccia attiva, costante, comprovata (almeno nell'opinione del giudice naturale a cui siamo tenuti per legge a dare crisma di verità, per lo meno processuale) possa essere ancora una volta sottovalutata in favore esclusivo dell'occupazione è essenzialmente anticostituzionale. 
Il diritto al lavoro, anch'esso di rilevanza costituzionale (sebbene, per tutta evidenza, non azionabile nudo e crudo in tribunale), non può essere garantito a scapito del diritto alla vita dignitosa di un'intera comunità.
Ma questa è, per così dire, letteratura. C'è anche da dare a Cesare quel che è di Cesare. Diamoglielo - per chi volesse saltare le cospicue argomentazioni, un sunto conclusivo che le riassume è alla fine del testo:

Cifre impressionanti già nel 2006
Non tutti i magistrati sono uguali: come nessuno, del resto
Bandiera italiana, turca e vaticana durante i sacri Misteri
  • Lo stabilimento Ilva, come ampiamente sottolineato su Corporeus corpora, è nato nel 1964. Grandi sforzi son stati compiuti per mantenerlo competitivo. Ma ha quasi 50 anni.
  • L'acciaio, che per decenni fu qui prodotto, aveva come mercato interno le grandi aziende nazionali (Fiat fra tutte), come mercato esterno i paesi sviluppati ed in via di sviluppo che ne necessitavano. I costi dell'acciaio made in Taranto non sono però mai stati bassi.
  • La ricerca sui materiali, a detta di dipendenti e dirigenze, si è arrestata con l'arrivo della gestione Riva. Che cercava lucri immediati e non futuri. Allo stesso modo le condizioni della fabbrica e dell'intera provincia non sono migliorate negli anni. Un alto tasso di emigrazione ha fatto si che le maestranze non abbiano lo stesso livello di quelle che furono formate venti anni fa (e che pure approfittarono largamente della mani buche dello stato). Il prodotto semilavorato venduto da ILVA, pertanto, non è più allo stato dell'arte. In controtendenza netta con le altre scelte del mondo avanzato.
  • Altri paesi emergenti, Cina, Russia, Brasile, India, producono da sè e sono prossimi al livello qualitativo ILVA. Hanno spesso la materia prima vicina, così come i loro mercati, in via di sviluppo. Inutile dire quanto pericolosa sia una simile concorrenza, anche in esportazione. Già dal 2006, come vedete in tabella (CINA + 60%).
  • Le industrie italiane, europee e mondiali sono in forte calo di ordinativi da quasi due anni. Il calo oggi colpisce anche le esportazioni dei Brics. La Fiat ha addirittura cambiato asse, spostandosi in America. Le dichiarazioni di Squinzi sull'indispensabilità dell'acciaio nostrano paiono invero sospette.
  • I programmi di sviluppo e previsioni vendite per colossi quali ILVA sono di medio e lungo periodo. Come dimostra la storia dell'acciaieria che ho già linkato in altro post. Sostenere che i bilanci siano a tutt'oggi in positivo, anche largo, non significa affatto che lo siano nei prossimi anni: la proprietà di ciò è certamente conscia. Aggiungo un dato importante e puntuale, pubblicato oggi dal "Trilione" di Pietro Saccò, che a sua volta lo ricava dal Financial Times: "Le semestrali delle aziende cinesi hanno mostrato cali pesanti. L'80% dei produttori d'acciaio hanno avvertito che i loro risultati saranno inferiori alle previsioni. I ricavi dei colossi statali sono in calo dell'11,6%, quelli del settore industriale privato del 2,2%.". Coordinatelo con la tabella pubblicata sopra: capirete che il problema dell'acciaio esiste ed è attualissimo.
  • Le migliorie che si richiedono per ridurre sostanzialmente l'impatto ambientale nocivo sono di immensa portata e si calcolano in miliardi di euro. A detta di importanti esponenti tecnici ILVA anche in tempi non sospetti (fonti di Corporeus corporoa) si tratta, causa anche obsolescenza, di mettere mano a quasi tutto l'enorme stabilimento. Se le previsioni di mercato non dovessero essere brillanti, come tutto quel che ho scritto farebbe presumere, i costi non sarebbero mai e poi mai ripagati negli anni di efficienza rimasti allo stabilimento. Difficile che un privato possa assumersi l'onere del proprio suicidio. Del resto, se la cosa fosse conveniente per l'imprenditore, egli accetterebbe senza dubbio i costi, cofinanziati. Non credo proprio lo sia.
  • La crescita della sensibilità ambientale, unita al grande numero di decessi, ha reso molto difficile la prosecuzione delle ipocrisie sul tema salute in città. La magistratura tarantina, improvvisamente, ha affidato ad una donna coraggiosa e inflessibile la delibazione dei risultati delle indagini. A mio giudizio la scelta "giusta" non può esser stata casuale, in condizioni di tale rilevanza. C'erano tempre ben più morbide in tribunale, certamente. La legge è una, ma la fanno concreta gli uomini (e le donne) in carne ed ossa. Bonis pauca.
  • ILVA e la sua sodale Anchor, compagnia marittima operante sul porto di Taranto, sono attualmente oggetto di indagini e se ne sta per disporre in questi mesi, auspicabilmente, il rinvio a giudizio per illecita concorrenza con minacce, praticata in danno di altre agenzie marittime del territorio. Grandi interessi si spostano adesso verso il porto, secondo uno schema che pare già testato in Liguria. Non a caso, ritengo, ospiti d'onore dei riti della settimana santa tarantina sono stati diplomatici dell'ambasciata turca presso la santa sede. Corporeus corpora ha avuto modo di scoprire che questa presenza, suggellata dalle bandiere accoppiate durante la notte dei misteri, aveva anche il compito informale di sondare la disponibilità del porto ionico a relazioni strette con gli eredi dei porfirogeneti. Lo sviluppo commerciale del porto coesiste con grande difficoltà col monopolio di fatto garantito dal traffico ILVA, che da solo è circa il 70% dell'intero tonnellaggio, gestito in esclusiva quasi assoluta da Anchor (fonti confidenziali dagli operatori portuali).
  • L'esistenza di una grande acciaieria in grado di riconvertire la produzione in caso di guerra necessariamente insistente sul territorio UE, adempiuta dallo stabilimento tarantino sino alla metà degli anni '90, non a caso allocato tra fortificazioni, radar e batterie antiaeree, può essere ormai soddisfatta nei paesi del blocco orientale, non più sotto la cortina di ferro e pertanto adatte al compito.
  • Alle elezioni comunali del 2012 i gruppi ambientalisti di Taranto (Alta Marea, Taranto Futura etc.), costituitisi negli ultimi 10 anni, anche grazie all'impegno innegabile di alcune personalità forti, sebbene controverse, decidono di candidare il segretario nazionale dei verdi, Angelo Bonelli. Che accetta lo scontro con Vendola e Stefàno, politici della sua stessa famiglia. Senza una grande campagna, raccoglie più del 10% dei consensi (e appena due consiglieri), non giunge al ballottaggio, sulla scorta del "via le industrie inquinanti, senza compromessi". Nè pianificazione per il futuro. Il tutto con straordinario tempismo rispetto ai fatti odierni. In consiglio comunale poi, appena ieri, preferisce il niente al non poco, a suo dire per rispetto del tutto.
  • Il magistrato Todisco mette ai domiciliari cautelari mezza famiglia Riva, alla quale, toccherebbe in teoria, se condannata, pagare centinaia di milioni di euro per danni e ammodernamenti. Pochi giorni prima dell'ordinanza del tribunale il patron Emilio, certo non un inetto, rimuove il nipote, direttore dello stabilimento, nominando al suo posto l'ex prefetto Ferrante, candidato al comune di Milano con sua lista. L'uomo d'ordine e di politica, nella posizione di un manager industriale. Una scelta singolare, che parrebbe indicare il desiderio di una "ristatalizzazione" del complesso siderurgico, non più lucrativo. Soprattutto a fronte delle spese che si paventano ormai come certe.
  • Il ministro Clini si oppone all'ordinanza del gip Todisco, come fosse ministro dell'industria e non dell'ambiente. Propone in origine, ma non firma, l'erogazione di circa 300 milioni di euro per la messa in regola (200 da Stato, 100 da Regione Puglia). Secondo quanto affermano specialisti, la somma non è congrua affatto allo scopo. Il comune non sarebbe soddisfatto nemmeno della nuova proposta di 336 milioni, articolata così: " Il protocollo d'intesa “per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto” sottoscritto dai ministeri dell'Ambiente, dello Sviluppo economico, della Coesione territoriale, dalla Regione Puglia, da provincia e comune di Taranto, prevede risorse per interventi di riqualificazione ambientale pari ad un importo complessivo di 336 milioni di euro: 329 milioni a carico del pubblico e 7,2 milioni a carico dei privati. Di questi 119 milioni vanno alle bonifiche, 187 milioni per interventi portuali e 30 milioni per il rilancio industriale per investimenti produttivi caratterizzati da un elevato livello tecnologico. Il documento, composto da otto articoli, prevede successivi accordi di programma attuativi, da stipularsi entro 30 giorni dall'effettiva formalizzazione della disponibilità delle risorse. E' prevista una “cabina di regia” presieduta dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, e un “Comitato” per assicurare la realizzazione degli interventi e coinvolgere forze sociali ed economiche, proponendo al governo soluzioni operative". (Virgilio go green).  Saremo malpensanti, ma la somma somiglia singolarmente al costo totale della cassa integrazione per i dipendenti dello stabilimento e connessi.
  • Il Papa, come i suoi predecessori molto vicino alle vicende dello stabilimento, di cui all'epoca la DC fu paladina, insieme a statunitensi e appunto Vaticano (voci storiche del territorio sostengono che buona parte dei dipendenti negli anni '60 fu scelta nelle sacrestie di mezzo sud), parla pubblicamente di contemperazione. L'interessamento del pontefice non è cosa di ogni giorno e segna un momento cruciale nella storia dello stabilimento, l'indice più evidente che non vi saranno tarallucci e vino. Accadde per Alitalia e fu Riva a metterci i soldi. Qui chi li metterà per Riva?
  • Se lo stato finanziasse l'ILVA direttamente o ne assumesse l'impresa ci troveremmo in un campo minato: aiuti di stato a quella che è, almeno formalmente, un'impresa privata, vietati dalla comunità europea. Se fossero invece erogati come cassa integrazione o per risarcimento danni, relativo al periodo ITALSIDER, le cose sarebbero diverse. Ma lo Stato non potrà comunque sostituirsi ai privati. Servirebbe un'altra cordata fittizia di imprenditori. Esistono le risorse per portare a termine un simile progetto? 

  • Indiscrezioni cittadine ad alto livello (fonti di Corporeus corpora) danno all'ILVA poche possibilità di prosieguo. Nella stessa direzione la cancellazione dell'incontro tra Ferrante, il procuratore Sebastio a Lecce, presso il procuratore generale Vignola, su cui pure ieri aprivano i principali giornali locali. 

In conclusione, voglio proporre questa sulfurea interpretazione della vicenda, invero molto complessa, conscio che potrebbe eccedere in dietrologia, ma altrettanto conscio che almeno alcune parti della ricostruzione sono plausibili e tutto si fonda su informazioni e ipotesi che, in buona parte, sono state messe a vostra disposizione corredate da fonti. E che, alfine, siamo in democrazia, forse:

Già da qualche anno risulta evidente agli addetti ai lavori, Riva certamente inclusi, che il mercato dell'acciaio made in ILVA da un lato è minacciato dalla concorrenza impetuosa dei paesi in via di sviluppo, dall'altro dall'abbassarsi drastico del tasso di crescita mondiale, sino alla decrescita europea, di cui l'Italia è punta di diamante. La FIAT, prima consumatrice nazionale di acciai, ha scelto l'Atlantico, ad esempio.
Enorme problema da affrontare è la monocultura tarantina, imperniata sull'acciaio da quasi 50 anni. E se è vero che l'Ilva occupazionalmente non è l'Itlasider, è anche vero che le altre realtà produttive del territorio, menzionate all'inizio, sono in fortissima contrazione. Dalla Marina militare senza più leva all'Arsenale senza più navi. Per tacere della maricoltura e pesca, sostanzialmente nulle da un decennio.
Resta il porto, ma il porto è presidiato anch'esso dal traffico ILVA ed i tentativi precedenti non sono andati a buon fine, anche per carenza infrastrutturale e crisi.
Risulterebbe pertanto inammissibile che la proprietà, notoriamente drastica su ambiente, lavoratori, cittadini e clienti (e forse anche operatrice di corruzione), facesse semplicemente quel che pure potrebbe: Abbandonare una barca che non rende, a maggior ragione adesso che esiste una parvenza di coscienza ambientale in città, pronta a fare addirittura politica. I tarallucci e vino ventennali con istituzioni e sindacati sono infatti molto meno agevoli. Questo significherebbe però immane impopolarità, rischi personali d'ogni genere e soprattutto la perdita definitiva del pacchetto voti che certamente un tal conglomerato di lavoratori sotto padrone rappresenta. E poichè la proprietà altro non è se non un importante anello della catena di potere nazionale, ciò non può e non deve essere consentito, a qualsiasi costo: occorre quindi rimescolare le carte e confondere le acque. Ecco come.
la dottoressa Todisco, integerrima e capace
Si da la stura ad indagini per una volta davvero determinate e conseguenziali, corredate dalle risultanze inequivocabili degli ultimi lavori scientifici, che non possono più sorvolare su episodi assai inquietanti, vedasi l'abbattimento di capi di bestiame pascolanti in prossimità dello stabilimento. Prefigurato come è dalla vasta mole di studi e sentenze precedenti, l'esito delle indagini, non è una sorpresa per nessuno, dal comune cittadino al sindaco: l'incompatibilità ambientale, rebus sic stantibus, dell'ILVA è acclarata. Altrettanto dicasi per la responsabilità di chi sapeva e proseguiva dolosamente a risparmiare sulla pelle di tutti. Spuntano persino le tracce di un sistema di corruttele che parrebbe toccare tutti, dai periti alla stampa.
La proprietà fa finta di opporsi al sequestro, di modo che sembri ancora legata allo stabilimento e pronta a credere nel suo futuro. Essa in effetti proseguirebbe, ma solo nel caso in cui nessuna modifica fosse richiesta apriori. Oppure ove tutto fosse pagato dallo stato, e solo fino a che il mercato lo consente. Cioè poco. Lascia quindi alla magistratura ed agli ambientalisti la responsabilità dell'aver privato di certezze decine di migliaia di persone, preparandosi a controbattere sulle richieste risarcitorie (e penali) in dibattimento.
Intanto colloca un uomo di Stato su di uno scranno manageriale e spinge per l'accollamento immediato dei costi sul governo. Il governo affida al ministro dell'ambiente (per tagliare la testa al toro ed evitare discussioni) il compito assai arduo di cercare soluzioni: egli può scegliere tra sostenere per intero la messa a norma (tra l'altro estremamente ostica), magari in virtù di una condanna del tribunale, aggirando così l'accusa di finanziamento di Stato a privati e guadagnando una quindicina di anni di tempo. Oppure lasciare che lo stabilimento chiuda, accollandosi i costi del mantenimento di lavoratori e famiglie della città (ma non quelli di bonifica industriale), forse spacciati per migliorie nei quartieri a rischio (ciò che in effetti Clini ha dichiarato di finanziare). E questo fino agli sviluppi portuali di cui si parlava (che però paiono lontani), oppure in cambio del raddoppio di Eni (altra entità iperinquinante), di cui si vocifera da un anno almeno. Sperando ovviamente che "passi la nottata". Oppure semplicemente fino a che ci sono denari spendibili.
Nella visione statalista dirigista ciò rappresenterebbe un desiderabile ritorno al futuro, per così dire: tute nuove prendono il posto di tute vecchie, mentre Taranto continua a privarsi delle vere potenzialità, sino alla prossima crisi della nuova monocultura. E vai col liscio, ballo a cui partecipano evidentemente anche i sindacati, fatto di cui si sono ben accorti alcuni operai, come dimostrano le dichiarazioni durante una recentissima trasmissione su rai tre...
Infine, opzione ultima, ci sarebbe una bella cordata, là per là. Stile Alitalia, dove guardacaso una notevole marchettona di Emilio Riva, fatta ai potentati cui egli tutto deve, ha salvato il carrozzone volante in perdita continua. E tutti i voti ad esso connessi. Oggi però se ne dice scontento...
Ma chi salverà il salvatore, in questi duri anni di debito pubblico non aumentabile, anzi da diminuire? L'impegno di mantenere in vita un colosso come ILVA, predestinato a perdite incrementali, privato dell'occhiuta esperienza Riva, è davvero ciclopico. Fa troppo anni '70.

Accettando la visuale proposta, che è solo un'ipotesi di lavoro (se volete suggestiva, oppure fantasiosa, fate vobis) altre opzioni sono quasi impossibili.
Forse iniziamo a capire che il muro di Berlino ha delle grosse brecce anche in Italia, unico dei paesi di socialismo reale del continente uscito sinora indenne dalla guerra fredda. Che coincidenza quel muro si sbriciolasse proprio a Taranto, città dei muri anch'essa.
Il "muro" di Taranto, cadrà, dopo quello di Berlino?









     


    Nessun commento:

    Posta un commento

    Nei commenti vogliamo argomenti. Non augurate la morte a nessuno, non inveite, state sul punto. Commenti che esprimono rabbia o grave disagio non saranno pubblicati